Lettera pastorale
«Dio è con me!»

Joan Roig Diggle, apostolo dei giovani e martire

Card. Juan José Omella Omella


Cari fratelli e sorelle dell’arcidiocesi di Barcellona:

Quasi un anno fa, concretamente il 3 ottobre 2019, ricevemmo con immensa gioia la buona notizia che Papa Francesco aveva firmato il decreto per cui si riconosce che il giovane Joan Roig e Diggle, nato nella nostra arcidiocesi di Barcellona, era stato martirizzato per la sua fede e che, quindi, verrà dichiarato beato in una cerimonia che si celebrerà, se Dio vuole, il prossimo 7 novembre nella basilica della Sagrada Familia.

Chi era Joan Roig e che testimonianza di vita può offrire a noi, uomini e donne del XXI secolo? Può essere un modello di vita cristiana per i giovani e per gli adulti di questa società postmoderna in cui sembra che il messaggio di Gesù Cristo sfoci in un pensiero nichilista e secolarizzato?

Forse la sua testimonianza può suscitare in noi il desiderio di seguire a Gesù Cristo con allegria e generosità, così come successe a lui.

All’alba del 12 settembre 1936 fu giustiziato, senza alcun processo preliminare, un cristiano diciannovenne: Joan Roig e Diggle, figlio di Barcellona, ​​battezzato nella parrocchia della Concezione, che abitava a El Masnou. L’esecuzione è avvenuta nei pressi del cimitero di Santa Coloma de Gramenet. Il motivo della sua morte fu uno solo: Joan – o John, come lo chiamava Maud, sua madre, inglese di nascita – era un giovane cristiano nel cuore e nei fatti. Ha vissuto una profonda amicizia con Gesù, che ha diffuso con forza tra tutti coloro che gli si sono avvicinati, a partire dal gruppo d’avanguardia della Federazione dei Giovani Cristiani della Catalogna (FGCC) al Masnou – “l’Azione Cattolica Catalana”, che riuniva bambini e adolescenti tra i 10 e i 14 anni – e di cui era responsabile. Joan, era un uomo di preghiera e un vero apostolo, vissuto come testimone dell’amore a Dio e al prossimo, e morì martire per la fede in Gesù Cristo. Per questo è stato riconosciuto da Papa Francesco come modello ed esempio per i giovani cristiani, e sarà beatificato il prossimo novembre nella Basilica della Sagrada Familia.

La nostra Chiesa di Barcellona è lieta di annoverare, tra i figli che lo Spirito Santo le ha donato, un giovane che, come il beato Pere Tarrés, medico e sacerdote, ha fondato la sua vita spirituale e il suo impegno cristiano nella FGCC, di cui Joan Roig e Diggle era il vicepresidente nella regione del Maresme. La gioia della nostra arcidiocesi è grande perché la vita del nuovo beato può essere proposta a tutto il popolo cristiano, specialmente ai giovani, come un tesoro di bontà e di santità. Joan Roig non è una figura di un tempo passato. Il suo modo di essere e di fare parla al nostro tempo complesso e difficile, che ha conosciuto la piaga della pandemia del coronavirus, che ha diffuso sofferenza e solitudine, e causato la morte di migliaia di persone, per lo più grandi. Anche la vita e la morte di Joan avvennero in un periodo turbolento e incerto, il quale culminò in una nefasta guerra civile tra Fratelli, e in una persecuzione religiosa, di cui lui stesso fu vittima innocente.

Diciamo fin da subito che la figura del nuovo beato ci invita ad andare all’essenziale. Come ci invita a farlo anche questo tempo di pandemia. Nei tempi complessi, brilla con più forza che mai la testimonianza dei martiri di Cristo. Avviciniamoci così alla figura del giovane Joan Roig e Diggle, attraverso le tre frasi principali da lui pronunciate durante la sua passione avvenuta tra la notte dell’11 settembre 1936 e la mattina del giorno seguente, giorno in cui la Chiesa celebra la memoria del Dolce Nome di Maria.

1. «¡Dio è con me!» – «God is with me!»

Pochi istanti prima di lasciare la casa di famiglia nel Masnou, dove era andato a prenderlo un gruppo di uomini della FAI – organizzazione anarchica radicale –, Joan Roig abbracciò sua madre e con voce dolce le disse: «God is with me!» («Dio è con me!»). Infatti poco prima il giovane cristiano aveva preso l’Eucaristia. Aveva ricevuto il corpo prezioso di Cristo e quindi Dio era veramente con lui! C’era e c’era stato per tutti i diciannove anni di vita che gli furono concessi. Poco importa l’età se la persona ha una maturità spirituale che orienta la vita e emerge con forza nel momento della turbolenza e della lotta più grande, il martirio.

Alle soglie della morte, il martire rivive i sentimenti di Gesù durante la sua passione: «Dio è con me!». Dopo l’ultima cena, Gesù lascia il cenacolo e se ne va all’orto dei Getsemaní a pregare. Ha bisogno di stare con Dio. Ha bisogno di sentire la presenza del Padre nel suo cuore di Figlio. Sa che sta arrivando l’ora decisiva, l’ora in cui lo spirito dovrà essere pronto per far fronte all’ingiustizia e alla violenza che gli cadranno addosso. È l’ora delle oscurità, il tempo in cui il male sembrerà vincere. Gesù si lascia cadere a terra e prega il Padre che, se possibile, gli venga risparmiata la passione che gli spetta. Però reagisce immediatamente all’ingiustizia che lo invade davanti alla prova tanto dura su cui dovrà passare e si dirige al Padre esclamando: «Sia fatta non la mia, ma la Tua volontà» (Mt 26,39). La volontà di Dio è che Lui, Gesù, sia consegnato nelle mani di coloro che presto andranno a prenderlo. E Gesù è d’accordo: «Il Figlio dell’uomo sarà consegnato alle mani dei peccatori» (v. 45).

Possiamo dire che Joan Roig entra nella passione in modo simile a colui che è Maestro e Signore, e del cui gregge lui è una piccola pecora. Gesù accoglie la volontá di Dio e si mette nelle sue mani: “come vuoi”. Questa frase di Gesú nei Getsemani significa che Gesù si abbandona nelle mani del Padre. Così si esprimeva il beato Carles de Foucauld nella sua celebre preghiera: «Padre, mi metto nelle tue mani. Fai di me quello che vuoi. Qualunque cosa sia, ti ringrazio. Sono pronto a tutto… metto la mia vita nelle tue mani…con infinita fiducia, perché tu sei mio Padre». C’è una continuità tra il «come vuoi tu» di Gesù nell’orto dei Getsemani e le espressioni di due martiri toccati dalla santitá, fedeli discepoli di Gesù: il «perchè tu sei mio Padre» di Charles de Foucauld e il «Dio è con me!» di Joan Roig. Di fronte alla passione, l’unica cosa che serve è mettersi nelle mani di Dio e accorgersi che Lui non è lontano ma vicino, in ciascuno, come nel cuore e nel pensiero del martire che prende la decisione di mettersi nelle sue mani.

Joan Roig lasciò tranquillo la sua casa del Masnou, seppur catturato da quelli che saranno i suoi carnefici. Così anche Gesù uscì dall’orto dei Getsemani in pace, sebbene arrestato dalle guardie del tempio. Il giovane cristiano di Barcellona aveva vissuto momenti di angoscia quando, prima di arrestarlo, i membri del gruppo armato avevano quasi forzato la porta di casa, l’avevano perquisita e semidistrutta, e a lui, sotto la minaccia delle armi, lo costrinsero a rimanere nella stanza con le mani alzate. La violenza nei confronti di Joan Roig è un’aggressione esterna ma soprattutto interna, che ferisce la sua sottile sensibilità: domande e insulti si susseguono di fronte al risultato nullo della ricerca. Il martire è un uomo di pace, che non pratica né risponde alla violenza con più violenza, un agnello portato al macello, che, come Gesù, non inganna mai a nessuno, che non risponde con insulti, e nemmeno con minacce (Pt 2,22-23).

La scena della violenza in casa culmina con l’esclamazione della madre di Joan, che, disperata davanti ai dieci uomini armati del gruppo della FAI, esclama: «Non lo prenderete. Cos’ha fatto di male?». La domanda è identica a quella che Pilato, governatore romano della Giudea, rivolse a quelli che si erano presentati chiedendo la condanna a morte di Gesù (Mt 27,23; Mc 15,14; Lc 23,22). Pilato è convinto dell’innocenza di Gesù e chiede spiegazioni a coloro che gli chiedono a gran voce di decretarne la crocifissione. La risposta giusta, però, è quella del buon ladrone: «Non ha fatto nulla di male» (Lc 23,41). Molto simile è la risposta di Blandina, la giovanissima martire di Lione (anno 177), al governatore romano che la interrogava: «Sono cristiana, e non facciamo nulla di male noi».

Quale male può aver commesso Joan durante la sua vita? Sua madre, vedendosi portare via il figlio, ha cercato di disarmare i cattivi con la verità, e ci è quasi riuscita: gli uomini del gruppo esitarono un istante e restarono immobili non sapendo come reagire. Allora il capo di tutti loro gli comandò: «Prendetelo! Andiamo!». Non c’è motivo di prenderlo e loro lo sanno. Joan è innocente, non ha fatto né detto niente di male, anche la perquisizione della sua casa era stata inutile. Il male però è forte, è incisivo e insistente, morde senza ragione, vuole spegnere la lampada accesa del bene, e apparentemente sembra farcela. Il martire è vittima delle tenebre che, per un momento, cercano di soffocare la luce, ma falliscono (cfr Gv 1.5). Joan, che esce dalla sua casa del Masnou trattenuto in macchina, è un giovane cristiano che entra nella sua passione e si avvicina al martirio consapevole e pacifico, senza paura né timore, con il cuore pulito da ombre e senza ostacoli. Il male si vince con il bene e l’amore, e il Bene supremo è la presenza di Dio e di Cristo nel cuore di quel giovane, il quale seguirá la strada per la croce di Gesù fino alla fine, fino a dare la sua vita. «God is with me!», «Dio è con me!». Questo è il suo segreto.

In altre parole, il segreto di Joan Roig e Diggle è la sua spiritualità. Joan è un ragazzo spirituale perché vive una costante familiarità con le cose di Dio: è unito a Lui, si sente vicino a Gesù, è delicato con lo Spirito. Non dobbiamo pensare che Joan sia un supereroe che ha vissuto esperienze straordinarie, irraggiungibili per le altre persone. La sua santità si manifesta in modo luminoso nel martirio. Ma questo martirio è il culmine di una vita non meno luminosa, che è d’esempio per tutto il popolo di Dio, in particolare per voi giovani.

Il direttore spirituale di Joan Roig era Padre Pere Llumà, consigliere della FGCC del Maresme. Questo presbitero della nostra arcidiocesi di Barcellona ogni settimana ascoltava in confessione il futuro martire e lo guidava spiritualmente. Joan era obbediente con lui e aprì gli angoli piú intimi della sua coscienza. Si sa che chi ha fede attraversa momenti e pensieri di gioia e di amore, ma conosce anche difficoltà e dubbi. Padre Pere ci dice che, per un certo tempo, ció che preoccupava Joan era se sarebbe stato in grado di mantenere il suo amore per Dio per sempre, «anche se il paradiso e l’inferno cessassero di esistere», diceva. Ma Joan stesso poi si rispondeva: «Oh, sì! Io amerei comunque a Dio»1.

Il centro della vita spirituale è l’amore incondizionato del Padre che è nei cieli, che ci ha creati per amore e ci sostiene con la sua bontà. La persona che crede non appartiene a se stessa, né si pone al centro delle cose e delle situazioni. Chi crede decide di mettere in Dio tutto il suo cuore, tutta la sua anima, tutti i suoi pensieri, tutte le sue forze (cfr Mc 12.30) tutto l’amore. Così ci si salva. Joan aveva un dubbio che lo turbava, e seppe darne una risposta con la fede. Non cercava mai una risposta che fosse al di fuori della fede nel Signore. Per questo, se manteniamo piena fiducia in Dio, in noi la fede sarà sempre più potente del dubbio. Se ci aggrappiamo alla certezza che Dio ci ama e che non ci deluderà, ogni dubbio svanirà presto. La forza del cuore viene dalla forza d’amore. Per questo san Paolo ci ricorda che «L’amore di Dio è stato diffuso nei nostri cuori» (Rm 5.5) e nella preghiera dell’ultima cena Gesù chiede che l’amore con cui il Padre lo ha amato si posasse anche sui suoi discepoli (cfr Gv 17.26). L’amore di Dio per noi ci permette di dargli il nostro amore. Joan esclama che Dio darà sempre il suo amore. Ha ragione. La santità parte dal dialogo d’amore tra noi e Dio. Questo è il fondamento della vita spirituale cristiana.

Joan se hacía apreciar, porque tenía una palabra para todos y se remangaba cuando era necesario: ¡no se le caían los anillos a la hora de trabajar! Además, poseía un alto sentido de paternidad en relación con su grupo de vanguardistas, del cual él era el responsable. Estos, niños y adolescentes, iban detrás de él porque Joan los cuidaba, se ocupaba de las cosas más pequeñas que les afectaban y los instruía de forma comprensible y directa. Todo ello brotaba de su oración y de su deseo de estar cerca de Dios. Joan era uno de esos «santos de la puerta de al lado» de los que habla el papa Francisco (Gaudete et exsultate, 7). Aquellas personas que viven de manera coherente, alegre, sencilla, honesta y generosa, que no piensan solo en ellos y que alegran la vida de quienes están a su lado. Joan Roig era un «santo anónimo», que, aún en palabras del Papa, vivía con amor y ofrecía el propio testimonio en las tareas de cada día. Su muerte como mártir nos permite descubrir su santidad, arraigada en su corazón y que se manifestó de manera extraordinaria el día en que dio la vida como discípulo de Jesús.

La gioia è figlia della santità e il desiderio di vivere una vita santa secondo il Vangelo nasce quando prendiamo coscienza del progetto di Dio su ognuno di noi. Per cui la domanda chiave che deve scandire la nostra preghiera è: «Signore, cosa vuoi che io faccia?», «qual è la tua volontà su di me?», «dove vuoi portarmi?», «come vuoi che io diriga la mia vita?». Questa domanda, rivolta a Colui che ci ama, non provoca alcun tormento o angoscia. Al contrario, è una domanda che nasce dalla gioiosa fiducia in Dio, nostro Padre, sapendo che piano piano, prima o poi, avremo una risposta. Basta perseverare nella preghiera e capire che riceveremo dentro di noi una chiarezza che ci illuminerà e ci renderà felici.

Joan Roig e Diggle voleva «raggiungere la massima felicità per sempre», voleva che la sua vita avesse «un significato, un ideale, una speranza assoluta». E scriveva: «Cosa ci guadagnerò a possedere una solida cultura se non mi serve a conoscere Dio?». E insisteva dicendo: «So che dal giorno in cui ho aperto gli occhi al mondo, sono nato non per una vita di 10, 40 o 90 anni, ma per un’eternità!» Così è come si espresse un paio di mesi prima della sua morte2. Non sono parole dolci, condiscendenti, ma forti e chiare. Joan, come membro della Pietà nel suo gruppo di Giovani Cristiani del Masnou, vuole incoraggiare i suoi amici a iscriversi a un ciclo di esercizi spirituali che avrebbe dovuto svolgersi nell’estate del 1936 – ma che non ebbe mai luogo -.

«God is with me!», «Dio è con me!», sussurrò Joan a sua madre Maud mentre le dava l’ultimo abbraccio la notte in cui andarono a prenderlo. Questa frase emblematica non si riferisce solo al fatto che il martire aveva appena fatto la Comunione e Gesù era presente dentro di lui, ma spiega tutta la sua vita. Joan Roig e Diggle era un ragazzo che viveva in una costante presenza con Dio. Lo portava dentro, discretamente – la santità è sempre discreta! – ma reale ed efficace. Persona ritirata, vivace nei modi di fare e umile di cuore, è così che è stato descritto da chi lo ha conosciuto, era “puro di cuore”, un giovane cristiano che viveva lo spirito delle beatitudini evangeliche, amico del bene e nemico del male, trasparente come il mare azzurro del suo Masnou, fatto per l’amore a Dio e pronto a servire tutti i suoi fratelli più piccoli.

2. «Vado a fare la comunione»

Quella notte tra l’11 il 12 settembre 1936 le macchine di un gruppo di uomini ruppero il silenzio. Joan e sua madre erano nelle loro stanze quando le sentirono avvicinarsi alla loro casa. Ben presto la casa fu circondata da persone armate e illuminata dalle luci dei veicoli. Era inutile scappare. Madre e figlio erano nella stanza di Joan, dove c’era l’ostia che Padre Pere Llumà gli aveva lasciato. Infatti, poiché dal 19 luglio 1936 erano iniziati gli incendi delle chiese e i frequenti omicidi di persone – molte delle quali legate alla Chiesa – ed era cessata ogni attività sacramentale ed ecclesiale, Joan Roig non aveva potuto ricevere l’Eucaristia – lui che pregava ogni giorno! 

Ecco perché, quando Padre Pere e Joan si incontrarono a Barcellona il 10 settembre 1936, Joan insistette per poter prendere l’Eucaristia, il prezioso corpo di Gesù Cristo. In tal modo avrebbe potuto nutrirsi del sacramento eucaristico e distribuirlo ad altri nell’eventualità in cui la sua vita fosse realmente in pericolo, come dimostrarono poi i fatti. In quell’occasione il martire disse che sarebbe andato anche a piedi in Francia pur di ricevere l’Eucaristia, anche fosse per «una sola volta». Così, il sig. Llumà accolse la richiesta e gli affidò, come poi lui stesso scrive, «il sublime tesoro dell’Eucaristia». Questo gesto di Padre Llumà, attentamente pensato, provocò subito la gratitudine di Joan, il cuale esclamò: «Sono felice, sarò un altro Tarsicio», il ragazzo romano del terzo secolo conosciuto come “martire dell’Eucaristia” in tempo di persecuzione e patrono degli scolari. A Joan Roig restavano ventiquattro ore per dare la vita per Cristo. Provvidenzialmente, fu rafforzato dal corpo di Cristo l’ultimo giorno della sua vita.3

Infatti, Joan Roig non ha potuto nemmeno iniziare la preparazione per diventare presbitero di Cristo. Questo era, tuttavia, il suo desiderio più grande. Sig. Llumà, il suo direttore spirituale, scrive: «La più grande gioia della sua vita è stata quella di poter compiere quella voce divina che lo chiamava, come linguaggio luminoso, al sacerdozio”. Joan Roig avrebbe seguito le orme del beato Pere Tarrés, capo della FGCC, prima medico e poi sacerdote (1905-1950). La comunione che si è dato Joan Roig la notte dell’11 settembre porta infatti con sé il profumo del Giovedì Santo, odora di un’aria sacerdotale. Qualche mese prima, dopo aver partecipato a una messa con un centinaio di bambini dell’avanguardia, Joan si era avvicinato a Padre Llumà dicendogli: «Oggi credo di aver sentito quell’odor Christi (= odore di Cristo) di cui ci parla l’apostolo»4. Un sacerdote infatti è apostolo e vive apostolicamente l’Eucaristia, intesa come elemento centrale della sua missione, che è la missione della Chiesa. Come sottolineavano gli autori antichi, la Chiesa esiste per via dell’Eucaristia.

Per questo l’Eucaristia è la forza dei martiri. Nell’anno 303 un grande gruppo di cristiani di Abitinia, città romana dell’attuale Tunisia, fu portato davanti al proconsole, accusato di essersi riunito per celebrare l’Eucaristia di domenica. Uno di loro, Emérito, proprietario della casa dove erano riuniti, esclamò: «Non possiamo vivere senza la domenica», abbiamo bisogno di ricevere l’Eucaristia ogni domenica e sperimentare la presenza di Gesù morto e risorto dentro di noi. La forza dei testimoni della fede risiede nel sacramento eucaristico, nell’unione con Gesù Cristo, che ristora e fortifica, che trasforma e rinnova. Joan Roig, interrogato dal suo direttore spirituale sui motivi che lo spingevano ad alzarsi tutti i giorni alle cinque del mattino per andare a messa e ricevere la Santa Comunione prima di andare al lavoro aveva risposto, come i martiri di Abitínia: «non saprei come vivere senza comulgare».5 È vero, noi cristiani non possiamo vivere senza ricevere l’Eucaristia!

Joan pregava di notte come fecero i discepoli il Giovedì Santo durante l’Ultima Cena. Come loro, mangiò anche il corpo di Cristo. Il martire ricevette il pane del cielo e iniziò la sua passione nutrito del cibo della vita eterna. Come il protomartire Fruttuoso di Tarragona, che celebrò l’Eucaristia mentre era in prigione con i suoi due diaconi Augurio ed Eulogio, la passione del giovane Joan Roig e Diggle è stata suggellata dalla comunione che l’ha preceduta. Gesù, il Dio con noi, è stato con lui accompagnandolo durante tutto il suo martirio. L’amicizia con Gesù, vissuta soprattutto nell’Eucaristia, permea tutta la vita di Joan, le sue parole, il suo modo di fare, il suo rapporto con gli altri, i suoi progetti di vita, la sua capacità di donarsi. Padre Llumà testimonia proprio questo quando scrive che «il suo profondo amore per Cristo… lo faceva rimanere in ginocchio tre quarti d’ora davanti a Gesù sacramentato».6

Vorrei ora soffermarmi su un breve testo scritto da Joan, che rivela come il suo cuore si sentiva unito alla persona di Gesù e come comunicava agli altri giovani il suo rapporto con Lui. Lo scritto si intitola «Vita…!» ed è stato pubblicato sulla rivista locale del gruppo 159, il Mar Blava, membro della Federazione dei Giovani Cristiani di Catalogna.7 Joan Roig era il delegato della sezione Pietà di questo gruppo di Giovani Cristiani e in questo articolo sottolinea, con parole vibranti, che «la pienezza del nostro ideale è Cristo», poiché «solo Lui, il Maestro divino, può colmare il grande attrito di amore, di vita, di luce, a cui anela il cuore dei giovani». Essere delegato della Pietà significava promuovere l’esperienza cristiana dei membri del gruppo della FGCC e lo spessore spirituale del loro impegno. E questo servizio passava attraverso la conoscenza e l’amore di Gesù. Joan non era un ragazzo leggero, superficiale, ma andava alla radice delle cose e sapeva parlare toccando il cuore dei giovani. Era un giovane apostolo dei giovani, che attingeva tutto dalla sua amicizia con Gesù. 

Questa amicizia, solida e appassionante, lo portò ad uno scambio di vita con Gesù, secondo le parole dell’apostolo Paolo a cui allude nel breve articolo citato. Scrive Joan: «Potremo lanciarci nella conquista, voluta da Cristo… di tutti i giovani della nostra terra, perché facendo nostre le parole di san Paolo, potremo dire: “Non siamo noi, ma Cristo che vive in noi”. Possiamo fare tutto in Cristo!». La frase di San Paolo è uno dei momenti salienti del suo misticismo. Paolo scrive: «Non sono più io che vivo; è Cristo che vive in me» (Gal 2,20). Notiamo che Joan, vero apostolo dei giovani, ha cambiato il singolare al plurale, perché vuole incoraggiare i suoi lettori della FGCC ad entrare in un rapporto d’amore con Cristo, il quale lui stesso vive in modo personale e acceso. 

Joan sogna di avvicinare al Vangelo tutti i giovani della Catalogna e pensa che questo sia il compito dei Giovani Cristiani della Federazione: «Salveremo la Patria… con il fuoco santo dell’Amore, con Dio».8Per Joan Roig, questo significa mettere da parte l’odio e l’invidia e raggiungere la vera pace, la quale si ottiene grazie all’amore.9 L’unione con Dio e con Gesù è il fondamento della vita interiore e, per questo, scrive che la persona «vincerà il male, non con le sublimazioni, né con le lotte, ma con la carità».10 Quest’ultimo pensiero, scritto nel marzo 1936, consola tantissimo se pensiamo alla forza del male che stava per distruggere la vita di quel giovane cristiano di diciannove anni e ricadere su tutta quanta la società. Un male incontrollabile che provocherà un terribile sconvolgimento, una persecuzione incessante che porterà alla morte di circa trecento giovani della FGCC, martiri di Cristo -tra loro, il nostro Joan-, e una lunga e crudele guerra tra fratelli che lascerà desolata l’anima dei paesi della Spagna. Joan Roig capì che il male poteva essere vinto solo con l’amore e quando giunse l’ora decisiva si rivestì, come dice l’apostolo Paolo, «con la corazza della fede e dell’amore e con l’elmo della speranza della salvezza» (1Ts 5 , 8). È così che quel soldato di Cristo uscì a combattere l’ultima battaglia.

3. «Che Dio vi perdoni, come io vi perdono»

Così, nella notte dell’11 settembre, le auto di un gruppo di uomini armati si portarono via il prigioniero Joan Roig dal comune del Masnou fino a Barcellona. La loro probabile intenzione era che il giovane li conducesse da suo padre, il quale si era nascosto in città quando iniziarono le uccisioni nella seconda metà di luglio, pochi giorni dopo la rivolta militare del 18 luglio. Durante tutto questo tempo, lo stesso Joan si era dapprima rinchiuso in casa di un amico al Masnou tra il 25 luglio e il 5 agosto, dopo che la chiesa parrocchiale e i locali della FGCC erano stati bruciati il ​​19 luglio. In seguito, però, decise di tornare a lavorare a Barcellona, ​​da dove andava e veniva in treno tutti i giorni, per contribuire alla precaria situazione economica della famiglia – le imprese del padre, Ramon Roig e Font, erano fallite nel 1934 e, per questo, i genitori con le due figlie e il figlio Joan, avevano dovuto abbandonare Barcellona e trasferirsi al Masnou -. 

Arrivati ​​a Barcellona, ​​gli uomini del gruppo armato non trovarono il padre di Joan nelle due case che cercarono – la seconda delle quali era una taverna sul Passeig de Gràcia gestita dallo zio di Joan. Così fecero il percorso inverso in direzione del Maresme, fino ad arrivare nei pressi del nuovo cimitero di Santa Coloma de Gramenet. Lì hanno fatto scendere il giovane dall’auto. Il momento del martirio era giunto.

Joan Roig si era preparato internamente per quel momento. Dopo che bruciarono la Federazione, nel mese di luglio, rimase per un paio di giorni senza poter pronunciare una parola, finché alla fine esclamò: «Ora più che mai dobbiamo lottare per Cristo».11 Queste parole costituivano la realizzazione di un discorso che mesi prima aveva rivolto agli avanguardisti, in cui aveva detto: «Forse tra voi ci sarà un martire… Non importa. Vogliamo una Catalogna rossa, ma rossa del sangue dei martiri».12 Questa profezia del martirio si inscrive in una situazione estrema, vissuta in un momento in cui sembrava inevitabile lo scoppio della violenza contro coloro che non avevano paura di riconoscersi cristiani. Il martire non cerca il martirio, ma lo accetta – e lo prevede! – quando arriva la persecuzione. Allora non torna indietro. Accoglie su di sé la volontà di Dio e con ogni mansuetudine e umiltà si prepara al momento della prova. Sua madre, Maud, spiega che in quel periodo Joan era preoccupato per coloro che venivano uccisi e che ogni notte, inginocchiato ai piedi del suo letto, stringeva tra le mani il suo crocifisso e pregava chiedendo forza per alcuni di loro, perdono per altri, e misericordia per tutti.13 All’alba del 12 settembre, anche questi furono i sentimenti di Joan Roig. 

Come muoiono i martiri? Come Gesù Cristo, il Maestro, seguendo le sue orme, cioè perdonando. Il Vangelo di Luca dice che «quando giunsero al luogo del Calvario, crocifissero Gesù… Egli disse: “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno”» (Lc 23,33-34). Joan arriva in un luogo vicino al cimitero di Santa Coloma, che sarà per lui come il colle del Calvario; è il luogo dove lo uccideranno. Chi lo sparerà avrà sentito le sue parole, dolci e ferme, gentili e profonde. Non sapevano che ne sarebbe stata della forza di quel ragazzo delicato e stridulo. Come il beato Francesc Castelló, ingegnere chimico e Giovane Cristiano di Lleida, che subì il martirio il 29 settembre 1936, Joan Roig mostra una serenità e una comprensione insolite.14 Prima che sparino, lo lasciano parlare. Allora, il martire si assimila completamente a Gesù, il Signore, il Re dei martiri, che dalla croce chiese perdono per coloro che lo crocifissero. Anche Joan, discepolo di Cristo, chiede perdono a Dio per coloro che devono ucciderlo: «Che Dio vi perdoni». E poi offre loro il suo perdono: «come io perdono voi». La preghiera per coloro che saranno gli esecutori della sua morte e la pubblica dichiarazione di perdono nei loro confronti, suggellano il suo martirio. Cinque colpi hanno trafitto il corpo del giovane martire, come le cinque piaghe che hanno trafitto il corpo di Gesù crocifisso, come i cinque Padrenostri che Joan pregava ogni notte.15 Successivamente, uno del grupo armato gli sparò alla tempia, per certificare la sua morte. Anche in questo Joan Roig fu simile al suo Signore, a cui un soldato, per assicurarsi che fosse già morto, «gli trafisse il costato con una lancia» (Gv 19,34 )

La morte di Joan Roig e Diggle è la morte di un innocente che cercava il bene e la giustizia ovunque andasse (cfr At 10,38). La sua vita, come abbiamo già potuto intuire da quanto abbiamo detto finora, è stata un misto di azione e contemplazione. Joan Roig era un giovane di profonda spiritualità e allo stesso tempo un apostolo del messaggio di Gesù. Occorre quindi concludere la presentazione del profilo esemplare della sua persona sottolineando la sua costante sollecitudine per quella che Papa Francesco chiama «la dimensione sociale dell’evangelizzazione» (Evangelii gaudium, 4).

Negli anni ’30 la questione sociale è al centro dei dibattiti pubblici e delle proposte politiche. Da un lato c’era l’ideologia nazionalsocialista, rappresentata soprattutto dal nazismo e, dall’altro, i regimi comunisti e il movimento anarchico, profondamente radicati in Catalogna. Entrambi cercarono di offrire una dottrina che realizzasse l’agognata giustizia sociale e favorisse il benessere delle classi lavoratrici, colpite dagli effetti devastanti della Grande Depressione del 1929. Proprio nel 1931, Papa Pio XI pubblicò l’enciclica Quadragesimo anno, proprio nel quarantesimo anniversario della prima enciclica sociale, Rerum novarum di Papa Leone XIII (1891). La Chiesa ha risposto, in questo modo, alle sfide del momento e ha posto una tappa importante nella storia del cattolicesimo sociale, iniziata intorno all’enciclica di Leone XIII.  

Ebbene, è in questo contesto che è nata la Federazione dei Giovani Cristiani di Catalogna (1931), che proclamava con le parole e con i fatti che l’unica soluzione ai gravi problemi del momento fosse la fede in Gesù Cristo e la dottrina della pace, della giustizia e l’amore che scaturisce dalle pagine del Vangelo. I Giovani Cristiani erano giovani militanti che volevano essere «cristiani rivoluzionari»,16 cioè che lavoravano per mettere in pratica «la civilizzazione dell’amore», come diceva Papa San Paolo VI nel 1970. Questa civilizzazione esclude dal sopprimere la violenza e la lotta di classe, lo strumento proposto dall’ideologia marxista, e promuove la giustizia e la solidarietà, il tutto al servizio della dignità inalienabile della persona umana, come specificato nella Dottrina Sociale della Chiesa. 

Poche settimane dopo le elezioni del febbraio 1936, che diedero la vittoria al cosiddetto «Fronte popolare», Joan Roig scrisse un breve articolo sulla rivista Flama, il settimanale della Federazione dei Giovani Cristiani di Catalogna, che intitolava «Ora più che mai»).17 Il futuro martire riflette sulle cause che hanno dato la vittoria ai partiti «rivoluzionari» e risponde che non è perché il popolo catalano sia sostenitore della rivoluzione, ma per «l’esistenza di un desiderio di giustizia sociale».18 La conclusione è chiara. Se il popolo esprime un «desiderio di rinnovamento e di giustizia sociale», quando trova «l’unica e vera giustizia sociale» che viene dal Vangelo di Cristo, e si incarna nella Dottrina Sociale della Chiesa, il popolo aderirà ad essa. Tuttavia, la dottrina sociale cattolica sarà conosciuta solo se, da un lato, «le norme sociali si inculcheranno nella mentalità» delle persone e la purificheranno «da ogni odio, rancore ed egoismo», e se, dall’altro, saranno «incarnate in realtà quelle che finora sono state solo parole». Conclude il Giovane Cristiano: «Di fronte al mostro della rivoluzione… diamo agli uomini quella pace, quella giustizia, quell’amore che cercano con tanta gioia e non trovano. Occorre predicare, propagare e far conoscere la Dottrina Sociale della Chiesa».19

Ecco come un diciannovenne, lavoratore e studente allo stesso tempo, uomo di solida cultura e instancabile lettore di documenti pontifici, riesce ad esprimere l’immenso valore del pensiero sociale della Chiesa. Gli insegnamenti della Chiesa costituiscono un tesoro straordinario in questa epoca di cambiamento che stiamo vivendo sotto gli effetti della crisi sociale ed economica causata dal coronavirus. Questa situazione ha causato molte disuguaglianze sociali, una crescita esponenziale del numero di persone vulnerabili, soprattutto tra la popolazione anziana e anche tra le persone che non trovano lavoro, soprattutto i giovani. 

Joan Roig era un giovane che aveva un sogno sulla società del suo tempo: voleva trasformarla, ma non con il sangue o con la violenza. Egli, come martire, la soffrì così nelle sue ultime ore di vita quella notte e mattina del 12 settembre 1936, ma cercò la trasformazione sociale attraverso la pace, la giustizia e l’amore, e, quindi, divenne martire. Non si separò mai dal Vangelo, nel quale credeva, confessò sempre la sua fede e morì perdonando, perché aveva vissuto con pietà per le moltitudini che vivevano «schiacciate e calpestate come pecore senza pastore» (Mt 9,36) – questo era uno dei suoi testi evangelici preferiti. La misericordia lo accompagnò mentre viveva e anche al momento della morte. Il suo amore per Dio e per i fratelli lo portava a visitare i malati negli ospedali e ad istruire i giovani lavoratori poveri e bisognosi.20 E quando bruciarono la chiesa di Sant Pere del Masnou, nel luglio 1936, scrisse: «L’odio di alcuni figli, nostri fratelli, fu un incendio che la distrusse».21 Nemmeno in quel terribile momento, quando la casa di Dio era stata profanata e svuotata, Joan smise di guardare la situazione con occhi di misericordia: coloro che avevano bruciato la chiesa per odio erano, infatti, figli del Padre del cielo e fratelli di coloro che ora erano stati privati ​​della casa di Dio sulla terra.

4. Conclusione

Nell’enciclica Tertio millennio adveniente (1994), Papa san Giovanni Paolo II ha rivolto lo sguardo alla storia cristiana e ha affermato: «Alla fine del secondo millennio, la Chiesa è tornata ad essere una Chiesa di martiri» (n. 37). Nel XX secolo il martirio è stato nuovamente posto al centro stesso della confessione di fede, tanto che nell’ultimo secolo, circa tre milioni di cristiani appartenenti a tutte le confessioni cristiane, sono stati testimoni fedeli del Vangelo di Gesù. È quella moltitudine di cui parla il libro dell’Apocalisse (Ap 7,9): «persone di ogni nazione, tribù e lingua» che indossavano «abiti bianchi e palme nelle mani». Nel martirio risplende di luce propria la fede della Chiesa, che il martire confessa come membro del corpo di Cristo senza alcuna arroganza o disprezzo. Il martirio diventa un prolungamento, una conseguenza di questa fede «più preziosa dell’oro» quando è messa alla prova (1Pt 1,7)

Il martire riceve l’aiuto divino della pace interiore. Lo abbiamo visto con il martire Joan Roig. Dal momento in cui è stato arrestato nella sua casa del Masnou fino al momento della sua morte vicino al cimitero di Santa Coloma, Joan è stato pieno dell’amore di Dio, di quel «God is with me!», «Dio è con me!», con cui aveva salutato sua madre. C’è un netto contrasto tra la pace del martire e la violenza che lo circonda. Il male travolge il martire, ma egli si fida delle parole di Gesù («non voltarti contro chi ti fa del male», Mt 5,39) e risponde con il perdono. Joan Roig e Diggle si unisce a quel gruppo di martiri cristiani di tutti i tempi, persone miti e umili, che hanno allontanato la violenza dal loro cuore e vi hanno messo la gioia della fede e dell’amore.

Joan voleva salvare la sua anima e quella di chi lo circondava, voleva vivere con il Signore, sia in questo mondo dove sperimentiamo la vita che il Padre ci ha donato, sia nel Regno dei Cieli dove tutto raggiunge la pienezza di Dio. Dobbiamo però tener presente il grande paradosso cristiano. Dice Gesù: «Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi la perderà per me e per il vangelo, la salverà» (Mc8,35). Joan voleva salvare l’anima, cioè la vita, e ci è riuscito donandola, perdendola e ritrovandola. Quando l’ha donata morendo per Cristo, l’aveva già data molte volte per Lui e per il Vangelo, pur senza versare il suo sangue. Tutto il suo cuore era di Gesù e dei fratelli. La sua castità, affidata alle mani di Maria, la Madre di Dio, fu un dono che mosse il suo cuore di apostolo. Non aveva cercato se stesso, non aveva cercato il suo «io» e, quindi, era «puro di cuore» (Mt 5,8).

Quando è arrivato il momento della prova, Joan Roig ha offerto la propria vita, incontaminata dal peccato, e ha dimostrato che, con l’aiuto di Dio, la violenza e l’odio possono essere vinti dall’amore e dal perdono. Il giovane martire di Barcellona seguì le orme di Gesù e, secondo le parole del santo vescovo Ignazio di Antiochia, divenne «un imitatore della passione del mio Dio» (Lettera ai Romani 6,3). Come il suo omonimo, il giovane apostolo Giovanni, figlio di Zebedeo, Joan Roig ha proclamato di poter bere il calice che Gesù stesso ha bevuto (cfr Mt 20,22). John Roig e Diggle ha sicuramente bevuto la coppa del martirio e ora, santo tra i santi, intercede per tutti noi.      

Spero che i giovani della nostra arcidiocesi, ai quali quest’anno è dedicato il Piano Pastorale Diocesano, imparino a seguire le orme del beato Joan Roig. Possono essere veri apostoli solo se sanno avvicinarsi a Cristo con la semplicità e la generosità con cui lo ha fatto lui. Il Beato Joan Roig ha saputo essere un grande compagno per i bambini e gli adolescenti perché ha sempre avuto accanto la guida e l’ascolto attento di un buon compagno spirituale.

Sono convinto che in questo tempo che dobbiamo vivere, sia più che mai necessario avere persone che dedichino tempo di qualità per ascoltare, incoraggiare e accompagnare i giovani affinché scoprano la loro vera vocazione di dedizione a Dio e di servizio amoroso e gioioso ai fratelli e alle sorelle. Al nostro nuovo beato Joan Roig e Diggle, affidiamo tutta l’attività pastorale con e per i giovani. Che interceda per noi e ci accompagni dal cielo. E non dimentichiamo mai le bellissime parole con cui ha salutato sua madre prima che morisse: “Dio è con me!”.

Card. Juan José Omella Omella
Arcivescopo di Barcellona

Sant Pere del Masnou (Barcelona), 12 settembre 2020


  1. Episodio raccolto nel libro da Lluís Badia Torras, Joan Roig e Diggle. Una giovane vita che parla ai giovani, El Masnou: Associazione degli amici di Joan Roig e Diggle 2001, pp. 117-118. Questo libro, ampiamente citato nelle pagine che seguono, costituisce la principale testimonianza della vita e della morte del nostro martire. ↩︎
  2. “Cultura, fidanzata, sport e… altro”, pubblicato su Mar Blava. Bollettino di attività del gruppo 159 della FJCC , n. 4, 25 giugno 1936. Cfr. Una vita giovane che parla ai giovani , 68-71. ↩︎
  3. Gli eventi sono narrati da Mn. Pere Llumà, autore di una nota biografica su Joan Roig, scritta nel 1937, che fu inviata al cardinale Vidal i Barraquer, esule in Italia, che la trasmise al cardinale Pacelli, segretario di Stato e futuro papa Pio XII. Cfr. Una vita giovane che parla ai giovani , 170-172. Joan Roig, che aveva ricevuto la riserva eucaristica il 10 settembre, ha distribuito la comunione ad alcuni amici a casa della Sig. Maria J. Rosés nel Masnou la mattina dell’11 settembre (ibid., 43). ↩︎
  4. Cfr. Ef 5,2. Cfr. Una vita giovane che parla ai giovani, 171. Sua madre spiega che Joan, quando era ancora bambino, le disse che da grande avrebbe voluto fare il missionario perché tutti conoscessero e amassero Gesù. Cfr. ibid., 112. ↩︎
  5. Cf. Una vita giovane che parla ai giovani, 121. ↩︎
  6. Cf. Una vita giovane che parla ai giovani, 125. ↩︎
  7. Cf. Una vita giovane che parla ai giovani, 66-67. ↩︎
  8. Cf. Una vita giovane che parla ai giovani, 67. ↩︎
  9. Cf. Una vita giovane che parla ai giovani, 74. ↩︎
  10. Cf. Una vita giovane che parla ai giovani, 67. ↩︎
  11. Cf. Una vita giovane che parla ai giovani, 87. ↩︎
  12. Cf. Una vita giovane che parla ai giovani, 120. ↩︎
  13. Cf. Una vita giovane che parla ai giovani, 87. ↩︎
  14. Nella lettera che Francesc Castelló indirizza alla sua fidanzata Maria Pelegrí, confessa che, di fronte all’imminente esecuzione, prova “una gioia interna, intensa, forte” e che prova “gloria”. Il martire aveva ventidue anni. ↩︎
  15. Questo è ciò che testimonia sua madre. Cfr. Una vita giovane che parla ai giovani, 120. ↩︎
  16. Cfr. Una vita giovane che parla ai giovani, 129. Sono le parole di Mn. Pere Llumà, il direttore spirituale di Joan Roig. ↩︎
  17. L’articolo è stato pubblicato nel numero 206 della rivista (6 marzo 1936). Cfr. Una vita giovane che parla ai giovani, 63. ↩︎
  18. Cf. Una vita giovane che parla ai giovani, 63. ↩︎
  19. Cf. Una vita giovane che parla ai giovani, 64. ↩︎
  20. Cf. Una vita giovane che parla ai giovani, 118. ↩︎
  21. Sugli avvenimenti Joan Roig ha scritto alcune strisce inedite, che portano il titolo “Sols” (cfr. Una vita giovane che parla ai giovani, 80). Il giovane martire sottolinea la solitudine del paese del Masnou, rimasto senza la presenza eucaristica di Gesù. ↩︎